venerdì 27 febbraio 2009

Eye am in London

L'ultima volta che ci sono stato non c'era. Sì beh ... in effetti è passato un pò di tempo. Così ho avvicinato la città timidamente, come si fa con i compagni di scuola che non si vedono da decenni. Ne ho cercato i contorni prima di assaporarne la sostanza. Me ne sono appropriato un pò furtivamente girandola anche di notte o al mattino presto, come un barbone affamato ed orgoglioso che segue incuriosito e titubante il profumo di un appetitoso panino farcito sul bancone di un kebabbaro ambulante.
L'occasione di un week end lungo lungo è arrivata dalla trasferta rugbystica finita ahimè con una sconfitta (prevedibile) ma senza anima (intollerabile).
E' stato tutto molto divertente. Disossante ma piacevole.
Giocato nell'alterata percezione del vivere sopra le righe ma sotto coperta.
Ho ricordi pieni di lucide dimenticanze e di scintillanti ombre.
Quando capitato sono come un risciò senza freni nel corridoio vip della Royal Opera House durante i British Academy Film Awards in mezzo ad un folto gruppo di attempate inglesi con le quali, mi dicono, abbia conversato per un sacco di tempo. Ho scoperto tutto dopo perchè fino a quel momento poteva trattarsi di un corteo per la liberalizzazione della cannabis. Poi è arrivata la sete sotto l'acqua. E come fanno talvolta gli amici che ti vogliono bene, sono stato abbandonato in balia del nulla.
Poi è arrivata Polly ...cioè no Kate Winslet.
E' stato un momento plus.
Nebuloso e offuscato ma positivo.
Il barluginio intermittente delle gocce di pioggia.
Le umide luci squarizzate.
La mia spotless mind.
Le sconosciute.
Lei che sale nell'Audi ma si gira quando qualcuno urla "Clementineeeeee!".
E' stato bello anche girare ciceronati da qualcuno che conosce bene la città perchè ci vive.
Così non ho rivisto una mazza di turistico (qualcosa sì) e mi sono ritrovato nel mezzo del melting pot.
Avevo bisogno di questo clima da gita di classe dove l'unico interesse è non avere interessi e lasciarsi andare al luogo in cui sei. Che questo significhi imbruttirsi di Guinness, urlare in uno stadio bellissimo, incontrare facce senza nome, piantare le tende in uno Starbucks al mattino presto affogandosi di muffin stracalorici (provati 7 e nessuno meno che squisito), ballare cubano e tramortirsi in una tequilosa piroetta, ascoltare voci senza capirne la provenienza, osservare il parco St. James che si anima al mattino piluccando briciole per scoiattoli grassi, camminare per Carnaby Street solo per infognarsi in un negozio di rugby-memorabilia per uscire frastornati e ripartire alla volta di Harrod's (concessione turistica) e poter dire "Sì ...ci sono stato... ecco le tue tazze".
Passeggiare per i mercatini di Portobello's road e chiedersi ... Uh ma non si poteva andare al National Museum ... Stringersi affamato in un pub tra un tot di gallesi mentre si guarda Scotland - Wales e rubare le patatine dal loro piatto perchè dalla cucina, quelle ordinate, arriveranno forse tra 1 ora ...
Comunque alla fine è stata una rilassante s-catena-nte evasione di gruppo.
Ed evadere è sì un pò fuggire ma anche un pò vedere.
Così si può osservare ciò che sembra vicino per scoprire quanto invece sia lontano e viceversa.
Fatto che trovo illuminante anche se in realtà non ci capisco molto.
Si doveva giocare una partita di rugby. Invece il campo non era di erba e fango ma di ghiaccio.
E allora si fa un pò di terzotempistica amicizia anche senza aver prima "rincorso" un pallone ovale.
Non è la stessa cosa ma è gratificante lo stesso.
Curiosamente .... anche prendere le persone che conosci ... le frequenti nella scenografia del palco in cui le incontri di solito ... il solo trasferirle come carri armati del Risiko dall'Europa Meridionale alla Settentrionale, è già di per sè un'evasione conoscitiva non indifferente. Non mi capitava da tempo così in massa.
Non è come andare in vacanza con un paio di amici.
Non è la stessa cosa ed è interessante lo stesso.
Così è sempre bello scrutare se stessi attraverso gli altri.
Sebbene poi loro, molto probabilmente, in questo specifico frangente londinese, si ricorderanno soprattutto del tuo nudo culone e della tua schiena arrossata e graffittata.
E' un "battesimo da trasferta interruptus", baby.
Il "peggiore" (:D) che possa capitare.
Ma anche l'unico mio che ricordo.

giovedì 26 febbraio 2009

no TIME on the horizon

Avrei voglia di scrivere un pò di cose che mi sono successe nell'ultimo mesetto ma ormai arrivo a casa la sera che sono già pronto per il lettuccio (:P) o al massimo al telecomando o, ma solo se prendo le vitamine, a clikkare su Fb.
Cmq sia, spendo 2 parole sull'ultimo degli U2.
Non è che avessi delle grandi aspettative dopo avere indossato i miei stivali. Così come non si è preteso (credo) da Michelangelo la "magnificenza" della Sistina Chapel in ogni sua opera successiva, di robettine belline belline ne ha fatte anche dopo ... Ecco, non cerco più da tempo in Bono Vox e Co. la corposa musicalità di "Achtung Baby" o l'epicità di "The Joshua Tree" (e l'ancor di più indimenticabile indimenticabilità di "The Unforgettable Fire" - giusto per ribadire il concetto). Forse anche le mie orecchie nel frattempo sono cambiate. Tuttavia gli irish non mi hanno mai deluso. I loro ultimi dischi non erano capolavori ma li ho apprezzati nel tempo. Forse accadrà così anche per questo che mi sembra meno delineato dei precedenti. Ci sono le ballatone uoooouooooo che vanno sempre bene nei concerti (Unknow Caller), alcuni pezzi molto molto buoni (Moment of Surrender) e altri meno. Non che abbia importanza ma ... gli U2 rimangono, al di là delle vecchie pietre, il più grande gruppo rock in attività. Non ce ne saranno altri di queste dimensioni.
Mai più.
Ennesima meta dell'Irlanda.