lunedì 20 luglio 2009

To One

Alcune frasi che mi sentivo spesso ripetere quando ero giovane, suonavano più o meno come perle di saggezza del tipo “Goditela adesso finché puoi”, “Se devi fare delle stupidate falle ora o mai più”,”Ogni lasciata è persa”, ecc. Ad esclusione dell’ultima, che me la sento ripetere anche adesso … tutte le altre avevano e hanno un loro perché. Queste ‘verità’ sono usually profferite da un qualche zio farfallone – ce n’è uno in ogni famiglia che si rispetti - o dagli amici meno stretti. Mon Dieu, anche quelli più ‘veri’ te lo dicono ma in maniera diversa. In ogni caso non sono mai i genitori a formulare simili proposte/invito. E se è successo c’è da preoccuparsi .... Intendo dire che sono consigli che si elargiscono easily, che molti condividono ma che pochi riescono a seguire realmente, soprattutto in passato. Ora, forse, c’è una mentalità più progressista rispetto a 20 anni fa.
Poco dopo i 18 anni, decisi che dovevo andarmene da casa. Non c’era una reale motivazione. Non è che fossi dibattuto da chissà quali mistici turbamenti. Nessuno dei miei amici lo stava facendo. Non avevo un piano preciso se non un'immacolata esigenza di scavar fosse e ficcarmici dentro. In famiglia ero il secondo a farlo ma il primo era volato fuori dal nido a 21 anni. Dovetti superare più scogli mentali che pratici. Alla fine realizzai ciò che volevo. E non fu proprio come me l’ero immaginato. Bellissima esperienza per carità ma non esattamente quello che desideravo. Col senno di poi (quale?) e senza rendermene conto, ho scoperto di aver imparato moltissimo dall’essere solo. Per esempio che non ci può fidare esclusivamente di se stessi. Forse sono riuscito a sentire con più forza la necessità di raspare a fondo e in ogni direzione, di andare in profondità, di osservare in maniera meno disincantata ciò mi stava attorno e ad oltrepassare anche i limiti del lecito. Forse è proprio lo sguazzare nell’illecito che dovrebbe caratterizzare quell’età. Sebbene, in realtà, abbia fatto più cazzate quando il tetto che mi stava sopra la testa era quello della casa dei miei. Perciò non si può mai dire.


C’è un momento nella vita (forse anche più di uno) in cui si può andare via di testa e uscire fuori dagli schemi. Per qualcuno accade in gioventù ma può capitare anche ad ‘immaturi’ 50enni ed a ‘maturi’ 30enni. Evito i 40enni per non mettermi in discussione. Magari sono scelte di vita non pienamente condivisibili dal punto di vista della società o quello che è ma, in fondo, nascondono un profondo senso di pragmatismo. O di realtà se suona più logico. Perché anche la pazzia, in the end, ha una sua razionalità.
Mollare tutto per... Andare a vivere in un faro sulle coste della Bretagna o su una delle isole Aran a dipingere le onde che si infrangono sulle scogliere.
Mollare tutto per... Aprire il classico bar su una spiaggia caraibica o alle Mauritius. Classico? Ma c’è qualcuno che l’ha realmente fatto? C’è la leggenda di questo amico di un amico di cui si narra da tempo immemore – che poi sarà lo stesso amico del ragazzo morto in un incidente stradale. Quella storia dell’amico che è fuori città per qualche giorno. Quando rientra, sente 'sto ragazzo che dovrebbe essere morto, escono insieme, parlano del più e del meno bevendo qualche birra ecc. e a fine serata il fantasma lo accompagna a casa. Il giorno dopo si accorge di aver dimenticato nella sua auto il giubbino di pelle. Passa da casa sua per farselo restituire e la madre dell’amico, disperata, gli dice che è morto da giorni. Lui impassibile insiste che non è vero, che era con lui la sera prima. Di fronte a tanta stoica insensibilità la madre lo accompagna al cimitero dove – colpo di scena – sulla lapide del figlio c’è appoggiato il giubbino smarrito. Morale: di queste storie ne è pieno il mondo - bar sulla spiaggia compresi - eppure io di documentato non ho visto mai nulla.
Mollare tutto per... Diventare giardiniere municipale in una delle isole Galapagos (ammetto questo è un sogno che ho solo io).
Mollare tutto per... Viaggiare tutta la vita come se casa propria fosse ogni angolo del mondo (che poi, chi può realmente permetterselo non lo fa quasi mai ed io mi chiedo sempre perché)
Non so perché mi sono cacciato in questo labirinto ma è meglio che ne venga fuori subito perche l’elenco dei ‘mollare tutto per’ è quasi infinito.

Lunedì scorso ho assistito ad un concerto stupendo anche se non perfetto. Due grandi pianisti, Herbie Hancock e Lang Lang, hanno suonato accompagnati dall'orchestra sinfonica dell'Arena. Premetto che ascolto jazz solo ;D perchè è molto cool e fa tanto atmosfera ... nel senso che di solito quando infilo nello stereo "Kind of Blue" qualcuno capisce quali sono le mie intenzioni. Ecco perchè non è che lo ascolti molto :P. Anche la musica classica la ascoltavo molto di più da giovincello. Ma questi 2 suonavano as 1 ed è stato un immenso piacere godere delle loro virtuosistiche esecuzioni. Inoltre la loro versione di 'Rapsodia in Blue' di Gershwin è la più incredibile che io abbia mai sentito.


Sabato invece non sono riuscito ad andare a vedere i Placebo. Cioè siamo arrivati al Castello Scaligero in ritardassimo anche per trovare i biglietti … si insomma … allora ci siamo piazzati fuori con una coppa di gelato al pistacchio, panna cotta e ciocco menta. Ma non eravamo abbastanza in tempo per sentire “ … there are twenty years to go - a golden age I know - but all will pass, will end too fast, you know…”. Peccato perché eravamo una bella compagnia e trovo che l’ultimo disco spacchi anzichenò. E il castello di Villafranca è fantastico per i concerti. E avevo il piglio giusto per pogare. Infatti hanno fatto danni dentro. Già.


C’è questo dvd che sarà entrato dalla porta d’ingresso dentro la sua borsa della Fitness First, almeno 3 volte negli ultimi 15 gg. Senza mai infilarsi in nessun lettore fino a ieri. L’attore principale è lo stesso di “Across The Universe”. Poi ci sono Kevin ‘Kaiser Soze’ Spacey e Lawrence ‘Morpheus’ Fishburne. Mi aveva intrigato già sulla carta la storiella di questi nerd (in realtà non lo sono per niente), mezzi geni matematici del MIT, che “bringing down the house” … cioè fanno il culo ai casinò di Las Vegas, giocando a blackjack riuscendo a contare le carte. Lo scopo del gioco è fare o arrivare il più vicino possibile senza superarlo, 21. Tutto questo sommando le carte dove le figure valgono 10, l’asso 1 o 11 mentre le altre assumono il loro valore nominale. Quello che non sapevo è che anche in questo film il buon Jim Sturgess si fa trastullare come nel precedente (vabbè quelli erano i Beatles…) da una OST da paura. Dico roba come MGMT, Rolling Stones, Peter Bjorn And John, Mark Ronson con una song dei Kasabian, Moby, ecc. Il film non è un capolavoro ma si fa vedere in scioltezza.


21. Qualcuno, in un altro film, sosteneva che l’anima pesasse 21 grammi. Questo perché mettendo su una bilancia la stessa persona da viva e da morta (O.O nota: da verificare con qualche nemico) si registra una differenza di 21 grammi in meno. Magari è il peso dell’aria nei polmoni. Cioè magari uno muore con una scoreggia in canna ... all'anima sua! Non è molto poetico, ok! Penso che questa storia del peso dell'anima sia tutta una stronzata ma è comunque una stronzata affascinante.


E pensare che un vecchissimo gruppo rock recentemente passato da queste parti cantava "a million to one". Un milione di baci a uno a chi indovina. :)

mercoledì 1 luglio 2009

HBOs

E’ passato un ragionevole lasso di tempo.
Penso a questo mentre zampetto verso il lavoro. Da qualche mese parcheggio lontano dall’ufficio fregandomene degli eventuali ritardi. Mi sono rotto gli zebedei di cercare posto vicino girando come un criceto dentro la ruota. Attività che segnalo alla segretaria come VRP. Vana Ricerca Parcheggio. Che si conclude sempre con il trovare posto in divieto e multe sotto il tergicristalli. Così c’è questo free parking. Un posto dove volendo si possono cuocere carciofini veneziani sottolio sui cofani delle automobili quando si è in buona compagnia. Distante. Molto distante. Ma utile come andare dallo psicologo. Una seduta che dura 20 minuti di passi. Da tempo e’ diventato l’unico momento veramente libero per la mia testa. Libero anche di lasciarla vuota. Che non è sempre un male. Nelle orecchie “Where have you been?” dei Manchester Orchestra. Penso sarebbe perfetto avere una canzone così per il mio funerale. Ehi! Ma è una bel mattino di luglio. Il primo.
E’ passato un ragionevole lasso di tempo.
Quando si scaraffa occorre dare il tempo al vino di occupare bene il territorio e di sedimentarsi. E’ necessario per apprezzarne il vero colore, soppesare i riflessi della luce attraverso il vetro e soprattutto assaporarne il profumo ed il gusto.
Generalmente resto con gli occhi per aria mentre cammino. Se non incrocio troppa gente che viene dal lato opposto, metto il palmo delle mani dietro la nuca incrociando le dita e appoggio le nocche sullo zainetto così da refrigerarmi il più possibile anche se occupo un sacco di spazio.
Sono più o meno all’altezza di Mariella Burani quando m'imbatto in una ragazza con i capelli ricci modello Joanie “Sottiletta” Cunningham che aspetta sospesa in equilibrio sul marciapiede di trovare se stessa. Sarà alta 5 cm meno di me ed è vestita benissimo. Sarà che in estate tutte le ragazze mi sembrano vestite benissimo. Poso imbarazzato (già … perché nasconderlo?) lo sguardo verso terra e in quel mentre vedo una forcina per terra. La raccolgo. Chiedo se è sua. Lei mi guarda. Sorride. E mi fa cenno di no. Poi me lo dice anche a voce credendo che non abbia capito. Non ho sentito chiaramente in effetti perché avevo gli auricolari. Ma lei è una di quelle che ha comunque l’aria di dire spesso no. Peccato rispondo io affatto sorpreso. Sembrava ancora utile come forcina.
Il fatto non è che ho sentito una voce ahimè stridula uscire dalla bocca della ragazza invero carina. Il fatto è che mentre mi chinavo, mi è uscita dal secondo bottone della giacca una cravatta regimental grigia/nera con sottilissime righe rosse. Con una quercia nera e una ghianda grigio argentato al centro. Mentre risalivo con la schiena e con lo sguardo il kilometro di gambe che avevo di fronte, ho anche pensato, vincendo la mia ritrosia, che avrei potuto invitarla per il 2010. Ma lei aveva già il cipiglio di chi ha ritrovato se stessa. E un po’ anch’io ho ritrovato me stesso.
Direi di sì. Sì, è senz’altro passato un ragionevole lasso di tempo.

C’è un silenzio innaturale.
Ci sono altre persone al di fuori della rete che ci separa. Sono sul dorso e accarezzo l'acqua alternativamente, con le braccia all'indietro, senza fare rumore. Sollevo poche gocce come i tuffatori cinesi dal trampolino olimpionico. Guardo il cielo che è stellato e che probabilmente lo sarebbe anche se non lo fosse. Sono molto rilassato mentre alzo le ginocchia a bicicletta e raggiungo placido l’altra sponda. Nel frattempo qualcun altro è passato oltre la barriera. Non sento freddo. Mi godo quella piscina proibita con il mio costumino FIR azzurro. E’ stata una giornata bella intensa. Mi aspetta ancora uno scampolo di compagnia domani mattina ma tante cose sono successe ed è stato un successo. Che strana sensazione quando le cose che ti aspetti accadono veramente. Non come i vicini che intervistano dopo una tragedia familiare e che dicono sempre: “Era una persona tranquilla. Mai sentiti litigare. Un tipo che non farebbe male una mosca”. Mi aspettavo tutto. Ed è arrivato anche di più. Come i serials del canale HBO che guardo sempre con piacere e che mi stupiscono continuamente. Gli adorati "The Sopranos" e quei pazzi di "Six Feet Under". Si ci sono anche quelle gnocche di "Sex and the City" ma non le ho mai seguite abbastanza ... Anche Bologna sembra la più bella delle serie TV.
Non sento alcun rumore con le orecchie sott’acqua e gli occhi aperti al cielo. Solo il leggero frangersi delle onde che io stesso produco contro il bordo. Sì è una bella giornata da ricordare mentre scivolo sotto.

C’è un silenzio innaturale.
Sento solo il rumore delle gocce di sudore che mi ruscellano dietro la schiena. Sento l’umidità salire dall’erba. L’accompagna quel profumo particolare di ciò che non è ancora fieno solo perché ha le radici piantate nella terra. Ancora per un po’. Sono abituato all’odore dell’erba. Ma non con un pallone ovale in mano. Sento uscire l’agricolo-rustico-bambino che è in me mentre il silenzio avvolge tutte quelle persone vestite di bianco e di nero. La pioggia ha reso il terreno perfettamente grippante come quella cosa che Brò mi ha spalmato sulle mani. Ed anche se sto ricordando una persona che non c’è più, che conosco solo virtualmente, penso che quell'uomo, diventato puro spirito, sarebbe felice di annusare il sentore di questa terra umida attraverso me. Forse c’è rumore in questo silenzio o forse è solo il frastuono dei miei pensieri. Perché nel silenzio sento il ginocchio che geme. Lo zittisco tirando invano il muscolo e sapendo di peggiorare la situazione. E’ uno degli ultimi giorni di giugno. Ma per me è la prima volta. Un applauso rumoroso chiude il silenzioso ricordo.
Ed inizia ciò che deve iniziare e …


No, direi di no. Non è ancora passato un ragionevole lasso di tempo.

“I've got to take what I'm making and turn it into something ...
for you
I've got to break what I'm making and turn it into nothing ... for you” -
The Manchester Orchestra - "Where have you been?"