giovedì 19 novembre 2009

da zero dodici

Passeggiavamo dopo aver sorseggiato un insolito aperitivo ad un orario altrettanto inconsueto. Avevamo silenziosamente stabilito, più per abitudine che per ragionata volontà, di dare un'occhiata furtiva al mondo della celluloide. Il Rivoli è l'unico cinema che ha resistito in centro. Un tri-sala no Warner e no UCI. Una rarità. Nel frattempo l'umidità stava montando, luccicando i sanpietrini di piazza Bra e appannando i faretti lillatiepido dell'Arena. Si intuiva l'ammiccante atmosfera invernale dell'imminente Natale. Lo sguardo scivolava veloce tra le trame e i titoli dei film con un interesse troppo distratto dalla voglia di un caffè. Quando ad un tratto, - un tratto lungo quanto un campo lungo di Zhang Yimou - una massa di teens agitate ci trascinò giù per le scale fino alla biglietteria. Non pronunciammo alcuna parola ma non c'era nulla dell'allure wuxiapian di un momento prima. Non sapevamo che il 18/11 era l'esordio di una nuova luna nella saga del crepuscolo. A quel punto il mio ditone scoordinato in stile Io, Robot stava già indicando la 5a fila su 12, posti 8 e 9, midiaperfavore2ChupaChupagrazie, per assistere a qualsiasi altro film. Per assistere, alla fine, alla fine del mondo. Così imminente. Per scoprire che abbiamo solo 3 anni per redimerci dai nostri peccati. Per fare ciò che si deve fare. Per compiere il proprio destino. Alloramidiaanche2sacchettidiliquiriziaripienavalàeunbandottodipopcornfreschi. Checazzostoalesinaresulleschifezzetantorimarròcicciettosoloaltri3anni.
Però non è stato male imbatterci in quella marmaglia di ragazzine scalmanate vestite da zerododicibenetton. Fanno pensare che 3 anni ancora siano davvero troppo pochi per crederci veramente.
'Intanto maya e tasi' :) pensò tra sè, non concedendosi alcuna preoccupazione alla nota profezia.

venerdì 21 agosto 2009

BTW Lighthouse II


Quando lampi e tuoni ti stavano tempestando addosso e, non sai come, ti hanno solo sfiorato ... cavolo se ti hanno sfiorato! ma non ti hanno colto ...
Quando hai intravisto in lontananza il formarsi di un uragano che ha preso diretto la tua direzione ... e gli hai viaggiato veloce e consapevole incontro sulla tua immutabile rotaia in discesa ed improvvisamente una mano ha tirato la leva dei binari e ti ha fatto deviare verso il sereno ...
Quando un peso, non hai mai capito esattamente cosa, ti stava sopra la testa e sembrava schiacciarti (e ti chiedevi ma come?, testa vuota che sono!), le ginocchia si sono arcuate, pronte a schiattare, e ... qualcuno ha tolto quel masso opprimente e lo ha lanciato lontano ....
Quando , sperduto nell'oblio, ti sei sentito come sul limitare del precipizio e non l'hai mai oltrepassato perchè trattenuto, sospeso sull'orlo del burrone ... e non era Granburrone ...
Quando poteva andare tutto male ed invece è andato tutto per il meglio ...
Quando è bene ringraziarlo che esista ...
Non me ne accorgo mai, distratto come un cane con il proprio legnetto da riporto, ma credo che alle volte il faro che ci impedisce di rimanere intrappolati nelle secche o di arenarci contro gli scogli possa essere molto più vicino di quello che sembri. Magari basta solo ricordarsi di tenerlo acceso con qualche attenzione, qualche sorriso e una birra in compagnia (anche se al massimo beve il thè verde).
Ecco ...così ... per poco che sia non ho molto altro da dire.

lunedì 20 luglio 2009

To One

Alcune frasi che mi sentivo spesso ripetere quando ero giovane, suonavano più o meno come perle di saggezza del tipo “Goditela adesso finché puoi”, “Se devi fare delle stupidate falle ora o mai più”,”Ogni lasciata è persa”, ecc. Ad esclusione dell’ultima, che me la sento ripetere anche adesso … tutte le altre avevano e hanno un loro perché. Queste ‘verità’ sono usually profferite da un qualche zio farfallone – ce n’è uno in ogni famiglia che si rispetti - o dagli amici meno stretti. Mon Dieu, anche quelli più ‘veri’ te lo dicono ma in maniera diversa. In ogni caso non sono mai i genitori a formulare simili proposte/invito. E se è successo c’è da preoccuparsi .... Intendo dire che sono consigli che si elargiscono easily, che molti condividono ma che pochi riescono a seguire realmente, soprattutto in passato. Ora, forse, c’è una mentalità più progressista rispetto a 20 anni fa.
Poco dopo i 18 anni, decisi che dovevo andarmene da casa. Non c’era una reale motivazione. Non è che fossi dibattuto da chissà quali mistici turbamenti. Nessuno dei miei amici lo stava facendo. Non avevo un piano preciso se non un'immacolata esigenza di scavar fosse e ficcarmici dentro. In famiglia ero il secondo a farlo ma il primo era volato fuori dal nido a 21 anni. Dovetti superare più scogli mentali che pratici. Alla fine realizzai ciò che volevo. E non fu proprio come me l’ero immaginato. Bellissima esperienza per carità ma non esattamente quello che desideravo. Col senno di poi (quale?) e senza rendermene conto, ho scoperto di aver imparato moltissimo dall’essere solo. Per esempio che non ci può fidare esclusivamente di se stessi. Forse sono riuscito a sentire con più forza la necessità di raspare a fondo e in ogni direzione, di andare in profondità, di osservare in maniera meno disincantata ciò mi stava attorno e ad oltrepassare anche i limiti del lecito. Forse è proprio lo sguazzare nell’illecito che dovrebbe caratterizzare quell’età. Sebbene, in realtà, abbia fatto più cazzate quando il tetto che mi stava sopra la testa era quello della casa dei miei. Perciò non si può mai dire.


C’è un momento nella vita (forse anche più di uno) in cui si può andare via di testa e uscire fuori dagli schemi. Per qualcuno accade in gioventù ma può capitare anche ad ‘immaturi’ 50enni ed a ‘maturi’ 30enni. Evito i 40enni per non mettermi in discussione. Magari sono scelte di vita non pienamente condivisibili dal punto di vista della società o quello che è ma, in fondo, nascondono un profondo senso di pragmatismo. O di realtà se suona più logico. Perché anche la pazzia, in the end, ha una sua razionalità.
Mollare tutto per... Andare a vivere in un faro sulle coste della Bretagna o su una delle isole Aran a dipingere le onde che si infrangono sulle scogliere.
Mollare tutto per... Aprire il classico bar su una spiaggia caraibica o alle Mauritius. Classico? Ma c’è qualcuno che l’ha realmente fatto? C’è la leggenda di questo amico di un amico di cui si narra da tempo immemore – che poi sarà lo stesso amico del ragazzo morto in un incidente stradale. Quella storia dell’amico che è fuori città per qualche giorno. Quando rientra, sente 'sto ragazzo che dovrebbe essere morto, escono insieme, parlano del più e del meno bevendo qualche birra ecc. e a fine serata il fantasma lo accompagna a casa. Il giorno dopo si accorge di aver dimenticato nella sua auto il giubbino di pelle. Passa da casa sua per farselo restituire e la madre dell’amico, disperata, gli dice che è morto da giorni. Lui impassibile insiste che non è vero, che era con lui la sera prima. Di fronte a tanta stoica insensibilità la madre lo accompagna al cimitero dove – colpo di scena – sulla lapide del figlio c’è appoggiato il giubbino smarrito. Morale: di queste storie ne è pieno il mondo - bar sulla spiaggia compresi - eppure io di documentato non ho visto mai nulla.
Mollare tutto per... Diventare giardiniere municipale in una delle isole Galapagos (ammetto questo è un sogno che ho solo io).
Mollare tutto per... Viaggiare tutta la vita come se casa propria fosse ogni angolo del mondo (che poi, chi può realmente permetterselo non lo fa quasi mai ed io mi chiedo sempre perché)
Non so perché mi sono cacciato in questo labirinto ma è meglio che ne venga fuori subito perche l’elenco dei ‘mollare tutto per’ è quasi infinito.

Lunedì scorso ho assistito ad un concerto stupendo anche se non perfetto. Due grandi pianisti, Herbie Hancock e Lang Lang, hanno suonato accompagnati dall'orchestra sinfonica dell'Arena. Premetto che ascolto jazz solo ;D perchè è molto cool e fa tanto atmosfera ... nel senso che di solito quando infilo nello stereo "Kind of Blue" qualcuno capisce quali sono le mie intenzioni. Ecco perchè non è che lo ascolti molto :P. Anche la musica classica la ascoltavo molto di più da giovincello. Ma questi 2 suonavano as 1 ed è stato un immenso piacere godere delle loro virtuosistiche esecuzioni. Inoltre la loro versione di 'Rapsodia in Blue' di Gershwin è la più incredibile che io abbia mai sentito.


Sabato invece non sono riuscito ad andare a vedere i Placebo. Cioè siamo arrivati al Castello Scaligero in ritardassimo anche per trovare i biglietti … si insomma … allora ci siamo piazzati fuori con una coppa di gelato al pistacchio, panna cotta e ciocco menta. Ma non eravamo abbastanza in tempo per sentire “ … there are twenty years to go - a golden age I know - but all will pass, will end too fast, you know…”. Peccato perché eravamo una bella compagnia e trovo che l’ultimo disco spacchi anzichenò. E il castello di Villafranca è fantastico per i concerti. E avevo il piglio giusto per pogare. Infatti hanno fatto danni dentro. Già.


C’è questo dvd che sarà entrato dalla porta d’ingresso dentro la sua borsa della Fitness First, almeno 3 volte negli ultimi 15 gg. Senza mai infilarsi in nessun lettore fino a ieri. L’attore principale è lo stesso di “Across The Universe”. Poi ci sono Kevin ‘Kaiser Soze’ Spacey e Lawrence ‘Morpheus’ Fishburne. Mi aveva intrigato già sulla carta la storiella di questi nerd (in realtà non lo sono per niente), mezzi geni matematici del MIT, che “bringing down the house” … cioè fanno il culo ai casinò di Las Vegas, giocando a blackjack riuscendo a contare le carte. Lo scopo del gioco è fare o arrivare il più vicino possibile senza superarlo, 21. Tutto questo sommando le carte dove le figure valgono 10, l’asso 1 o 11 mentre le altre assumono il loro valore nominale. Quello che non sapevo è che anche in questo film il buon Jim Sturgess si fa trastullare come nel precedente (vabbè quelli erano i Beatles…) da una OST da paura. Dico roba come MGMT, Rolling Stones, Peter Bjorn And John, Mark Ronson con una song dei Kasabian, Moby, ecc. Il film non è un capolavoro ma si fa vedere in scioltezza.


21. Qualcuno, in un altro film, sosteneva che l’anima pesasse 21 grammi. Questo perché mettendo su una bilancia la stessa persona da viva e da morta (O.O nota: da verificare con qualche nemico) si registra una differenza di 21 grammi in meno. Magari è il peso dell’aria nei polmoni. Cioè magari uno muore con una scoreggia in canna ... all'anima sua! Non è molto poetico, ok! Penso che questa storia del peso dell'anima sia tutta una stronzata ma è comunque una stronzata affascinante.


E pensare che un vecchissimo gruppo rock recentemente passato da queste parti cantava "a million to one". Un milione di baci a uno a chi indovina. :)

mercoledì 1 luglio 2009

HBOs

E’ passato un ragionevole lasso di tempo.
Penso a questo mentre zampetto verso il lavoro. Da qualche mese parcheggio lontano dall’ufficio fregandomene degli eventuali ritardi. Mi sono rotto gli zebedei di cercare posto vicino girando come un criceto dentro la ruota. Attività che segnalo alla segretaria come VRP. Vana Ricerca Parcheggio. Che si conclude sempre con il trovare posto in divieto e multe sotto il tergicristalli. Così c’è questo free parking. Un posto dove volendo si possono cuocere carciofini veneziani sottolio sui cofani delle automobili quando si è in buona compagnia. Distante. Molto distante. Ma utile come andare dallo psicologo. Una seduta che dura 20 minuti di passi. Da tempo e’ diventato l’unico momento veramente libero per la mia testa. Libero anche di lasciarla vuota. Che non è sempre un male. Nelle orecchie “Where have you been?” dei Manchester Orchestra. Penso sarebbe perfetto avere una canzone così per il mio funerale. Ehi! Ma è una bel mattino di luglio. Il primo.
E’ passato un ragionevole lasso di tempo.
Quando si scaraffa occorre dare il tempo al vino di occupare bene il territorio e di sedimentarsi. E’ necessario per apprezzarne il vero colore, soppesare i riflessi della luce attraverso il vetro e soprattutto assaporarne il profumo ed il gusto.
Generalmente resto con gli occhi per aria mentre cammino. Se non incrocio troppa gente che viene dal lato opposto, metto il palmo delle mani dietro la nuca incrociando le dita e appoggio le nocche sullo zainetto così da refrigerarmi il più possibile anche se occupo un sacco di spazio.
Sono più o meno all’altezza di Mariella Burani quando m'imbatto in una ragazza con i capelli ricci modello Joanie “Sottiletta” Cunningham che aspetta sospesa in equilibrio sul marciapiede di trovare se stessa. Sarà alta 5 cm meno di me ed è vestita benissimo. Sarà che in estate tutte le ragazze mi sembrano vestite benissimo. Poso imbarazzato (già … perché nasconderlo?) lo sguardo verso terra e in quel mentre vedo una forcina per terra. La raccolgo. Chiedo se è sua. Lei mi guarda. Sorride. E mi fa cenno di no. Poi me lo dice anche a voce credendo che non abbia capito. Non ho sentito chiaramente in effetti perché avevo gli auricolari. Ma lei è una di quelle che ha comunque l’aria di dire spesso no. Peccato rispondo io affatto sorpreso. Sembrava ancora utile come forcina.
Il fatto non è che ho sentito una voce ahimè stridula uscire dalla bocca della ragazza invero carina. Il fatto è che mentre mi chinavo, mi è uscita dal secondo bottone della giacca una cravatta regimental grigia/nera con sottilissime righe rosse. Con una quercia nera e una ghianda grigio argentato al centro. Mentre risalivo con la schiena e con lo sguardo il kilometro di gambe che avevo di fronte, ho anche pensato, vincendo la mia ritrosia, che avrei potuto invitarla per il 2010. Ma lei aveva già il cipiglio di chi ha ritrovato se stessa. E un po’ anch’io ho ritrovato me stesso.
Direi di sì. Sì, è senz’altro passato un ragionevole lasso di tempo.

C’è un silenzio innaturale.
Ci sono altre persone al di fuori della rete che ci separa. Sono sul dorso e accarezzo l'acqua alternativamente, con le braccia all'indietro, senza fare rumore. Sollevo poche gocce come i tuffatori cinesi dal trampolino olimpionico. Guardo il cielo che è stellato e che probabilmente lo sarebbe anche se non lo fosse. Sono molto rilassato mentre alzo le ginocchia a bicicletta e raggiungo placido l’altra sponda. Nel frattempo qualcun altro è passato oltre la barriera. Non sento freddo. Mi godo quella piscina proibita con il mio costumino FIR azzurro. E’ stata una giornata bella intensa. Mi aspetta ancora uno scampolo di compagnia domani mattina ma tante cose sono successe ed è stato un successo. Che strana sensazione quando le cose che ti aspetti accadono veramente. Non come i vicini che intervistano dopo una tragedia familiare e che dicono sempre: “Era una persona tranquilla. Mai sentiti litigare. Un tipo che non farebbe male una mosca”. Mi aspettavo tutto. Ed è arrivato anche di più. Come i serials del canale HBO che guardo sempre con piacere e che mi stupiscono continuamente. Gli adorati "The Sopranos" e quei pazzi di "Six Feet Under". Si ci sono anche quelle gnocche di "Sex and the City" ma non le ho mai seguite abbastanza ... Anche Bologna sembra la più bella delle serie TV.
Non sento alcun rumore con le orecchie sott’acqua e gli occhi aperti al cielo. Solo il leggero frangersi delle onde che io stesso produco contro il bordo. Sì è una bella giornata da ricordare mentre scivolo sotto.

C’è un silenzio innaturale.
Sento solo il rumore delle gocce di sudore che mi ruscellano dietro la schiena. Sento l’umidità salire dall’erba. L’accompagna quel profumo particolare di ciò che non è ancora fieno solo perché ha le radici piantate nella terra. Ancora per un po’. Sono abituato all’odore dell’erba. Ma non con un pallone ovale in mano. Sento uscire l’agricolo-rustico-bambino che è in me mentre il silenzio avvolge tutte quelle persone vestite di bianco e di nero. La pioggia ha reso il terreno perfettamente grippante come quella cosa che Brò mi ha spalmato sulle mani. Ed anche se sto ricordando una persona che non c’è più, che conosco solo virtualmente, penso che quell'uomo, diventato puro spirito, sarebbe felice di annusare il sentore di questa terra umida attraverso me. Forse c’è rumore in questo silenzio o forse è solo il frastuono dei miei pensieri. Perché nel silenzio sento il ginocchio che geme. Lo zittisco tirando invano il muscolo e sapendo di peggiorare la situazione. E’ uno degli ultimi giorni di giugno. Ma per me è la prima volta. Un applauso rumoroso chiude il silenzioso ricordo.
Ed inizia ciò che deve iniziare e …


No, direi di no. Non è ancora passato un ragionevole lasso di tempo.

“I've got to take what I'm making and turn it into something ...
for you
I've got to break what I'm making and turn it into nothing ... for you” -
The Manchester Orchestra - "Where have you been?"

mercoledì 24 giugno 2009

My elderly GrandPa said to my young Father that ...

In fondo c’è sempre da imparare dalle persone.
Anche dalle più sgradevoli.
Queste ultime, ad esempio, mi hanno insegnato a capire chi non voglio essere. Che è già tantissimo. Perché è proprio difficile capire ciò che si è. Passati anche i 40.
Ancora di più ciò che si sarà. Passati anche i 40.
Nel mezzo ci si arrabatta tra la spinta ad essere quello che ci si crede di essere, quello che si vuole essere che è un tendenziale infinito .. una specie di chimera, e tutto le altre 1000 deviazioni che è giusto fare perché ogni lasciata è persa.
Non ho conosciuto mio nonno paterno. Era un agricoltore che lavorava la propria terra. Credo che fosse un tipo piuttosto rude e poco incline al discernimento. Una mente semplice suppongo. E’ morto 11 anni prima che io nascessi. Avevo intorno ai 10 anni more or less quando mio padre mi raccontò, in una delle rare occasioni in cui parlavamo, una sua storiella che ora non ricordo bene. Non era una favola, se non per il fatto che non era vera: credo si potesse considerare una specie di pretesto romanzato, travestito da vicenda familiare, per poter arrivare ad un insegnamento etico. Quello che nella Bibbia, nei Vangeli per essere più precisi, chiamano parabole.
Ecco io ricordo solo la fine. Ovvero ho dimenticato il mezzo che avrebbe dovuto farmela ricordare.
Nonno raccontava a babbo che il valore di un uomo lo si misura dalla camicia che si toglie la sera. Se è bella sporca e sudata, pregna di tutte le esperienze che la giornata gli ha donato, significa che chi l’ha indossata ha cercato di dare un senso al suo vivere e che molto probabilmente questo lo renderà una persona di valore. E si addormenterà , anche se sconfitto dagli eventi, con la pace dei giusti nel cuore.
Se invece, quella stessa camicia, alla fine della giornata la puoi ripiegare tranquillamente perché profuma di bucato, ha ancora il colletto intonso ed inamidato … beh con ogni probabilità la vita ti scorre vicina ma non ti tocca. Forse te stesso per primo non dai valore a ciò che sei e di conseguenza non lo puoi dare agli altri.
Sicuramente in un ambiente contadino tutto questo ha un senso più immediato perchè è assolutamente reale e tangibile. Penso tuttavia che lo possa avere in qualsiasi contesto. Anche se si lavora in ufficio con l’aria condizionata o, come stamattina, si sta iniziando la maturità.
Anzi, a dirla tutta, trovo che sia una metafora che si addice benissimo anche al mio amato gioco del rugby. Quando il capitano consegna la maglietta, prima della partita, ci si guarda negli occhi. Mai tenere la testa bassa. Ci si stringe forte la mano in modo tale che sbianchi, che un po’ di dolore ti rimanga appresso e ti faccia provare, anche qualche istante dopo, che c’è stata una stretta vigorosa. Uno scambio di forza reciproco, un trasferimento a doppio senso fatto di volontà e di impegno. Una sorta di: Io ci sono, tu ci sei, tutti insieme siamo. Poi, mentre stai per uscire, il salto-spalla-spalla alla gorilla nella nebbia per dare e per ricevere coraggio. Hai una maglietta che ti concede un’opportunità. Una possibilità che nella vita hai generalmente tutti i santi giorni. Quando la restituirai, lanciandola dentro il cestone con le altre, molto probabilmente sarà molto pesante, sporca e sudata come è giusto che sia. Magari non avrai fatto le scelte migliori. Probabilmente avrai fatto degli errori. Come tutti. Può darsi addirittura che per una serie di ragioni tu non sia nemmeno entrato in campo ... che tu sia rimasto a bordo vita a scaldarti senza mai poterti confrontare con l’avversità del giorno, sostenendo chi le sta affrontando anche per te. Ma è quello che lasci su quella maglietta che ti qualifica. Che tu abbia agito male o bene. In fondo potrai essere stato anche sgradevole. Ed è meglio sperare che chi davvero ti vuole bene, che sia partner, amico o compagno di squadra, te lo faccia sempre presente.
Ecco, mi auguro di non ridurmi ad indossare oggi la stessa camicia che portavo ieri perché sembra pulita. Spero che stasera sia sporca lorda, logora e strappata al punto tale che l’unico dubbio che vorrei avere sia quello di gettarla dentro nel cestone o nel cestino. Magari sorridendo.

lunedì 22 giugno 2009

The box jellyfish

Un ginocchio che non funziona del tutto è come uno di quei passeggini tradizionali per bambini con una ruota bloccata nel verso sbagliato o rotta o addirittura assente. Parlo dei classici a 4 rotelline. Ci stanno pure quelli moderni e ggiovani a 3 ruote giganti che mi dicono funzionare meglio sullo sterrato, nella sabbia o con fondo paludoso e hanno una specie di servosterzo incorporato. Ma mi sto riferendo proprio a quelli con le ruotine piccole che si infognano in ogni buca e che insegnano alle mamme tutte le bestemmie del mondo quando scarrozzano i loro pargoli sui sanpietrini del centro. Comunque, ciò che volevo dire, è che la carrozzina a 4 ruote quando ne ha una non funzionante va avanti lo stesso. Si può spingere, girare, tirare, anche riempire di bambini e di borse della spesa se è proprio necessario. Certo è importante distribuire bene il peso come quando si carica la roulotte prima di partire per le vacanze. Avanti: magari un po’ traballando, come un diesel non riscaldato che non si ferma se non per riprendere fiato. Ecco la sensazione è un po’ quella: posso fare tutto ma quel tutto lo faccio un po’ male, un po’ claudicante, un po’ in ritardo e un po’ sofferente. Per contro sto attraversando un periodo in cui tutto sommato non mi dispiace sudare … in the end, ogni male, dal più intenso al meno sentito, ha sempre un side in qualche modo positivo … c’è sempre un lato giusto anche nella moneta sbagliata, c’è sempre una mano che dà, dietro quella che toglie … Beh, sul dolore, vediamo …ecco sul mal di denti, riflettendoci bene, potrei avere delle riserve. In any case, smile and keep strong.
Tornando dal lavoro, in questo periodo di leggera semi-infermità fisica (per quella mentale parlare di periodo è voler usare un eufemismo), ho meno “voglia” di uscire anzi … non vedo l’ora che qualcuna mi dia una borsa di ghiaccio da mettere sotto l’incavo del ginocchio sinistro, che mi scarti il ghiacciolo alla amarena-menta-limone-cola che sia, mentre allungo il resto di me sul divano di fronte alla 34’. Per inciso: ho fatto una scoperta sensazionale. Non riesco a tirare bella dritta la gamba perché il ginocchio raddrizzato non raggiunge i 180° d’angolo ma si ferma prima, che ne so, a 140° … L’ideale è infilarci sotto un cuscino imburrato di cristalli di ghiaccio. Lei fa sparire tutti i cuscini perché “non puoi macchiare il divano” (che cazzo abbiamo preso quel rivestimento proprio perché lavabile, sfoderabile e tutto il resto??? Umpf!) e immagino già quando si trasformerà nella mamma di Tony Soprano e metterà la plastica sul divano. Ora, la mia attenzione è stata catalizzata dal copriletto/piumino primaverile che avevo ritirato dalla pulitura qualche settimana fa. Evitando di soffermarmi sul colore rosso bordeaux fingerato di linee blu di Prussia irregolari, ho capito che essendo il tutto ben incellophanato e chiuso ermeticamente, poteva trasformarsi in qualcosa di utile prima della prossima primavera. Un morbido e paffuto cuscino idrorepellente, morbido e che è veramente fittier con il mio angolo ginocchiesco a 140° d’ampiezza. Direi: una di quelle cose non cambiano la vita ma la rende un po’ meno complicata.
Quando la mobilità è messa un po’, come dire, in discussione, sicuramente rimangono poche cose potenzialmente interessanti da fare: dormire, navigare, guardare film, TV, leggere. Ok ce ne saranno altre ma queste sono le prime opzioni che mi sovvengono. Leggere è bello ma è un po’ isolazionista. E’ ok per una serata ma soprattutto lo puoi far prima di addormentarti a letto. TV: ok se c’è qualcosa di interessante … i canali 200 e qualcosa in qs periodo non sono male tra Lions in tournee, test match vari, Irb Nations cup, l’under, confederation cup ecc. al limite c’è sempre l’ancora di salvezza dei 400 e rotti. Lì c’è sempre qualcosa di interessante. Ma non basta. Allora Blockbuster e che non se ne parli più. E i canali 300 e qualcosa? Beh li sto stupidamente boicottando … perché per disdire Sky cinema devi avere la firma di Gordon Brown, l’avvallo di Sarkozy e una raccomandazione della Merkel mentre per sottoscriverlo puoi farlo anche parlando al telefono con una voce elettronica che ti dice:’”digiti 1”?. Sabato all’alba, quando sono tornato da un finto allenamento che era solo la scusa per mangiare risotto al tastasal e fare un po’ di baldoria da seduto con la squadra, pur essendo a little insane, non avevo sonno. Lei mi ha portato comunque il ghiacciolo anche se erano le 3 del mattino. Mi ha invitato con perentoria dolcezza di trattenermi sul divano ancora un po’ perché, della serie con l’andazzo che hai, è meglio che mi addormenti prima io invece che ascoltarti mentre ti addormenti tu.
Allora decido di metter su un movie. Uno di quelli “novità 2 film per 3 serate a 5 euro”. Si intitola “Seven Pounds” ovvero “Sette Anime” ma non capisco … non vuol dire sette sterline? Perché non 7 Souls? Vabbè il mio inglese è come il mio ginocchio. Latente ed imballato. Era da un bel po’ che non vedevo un film inaspettatamente coinvolgente. L’argomento è tosto e mi tocca un po’ disgraziatamente da vicino anche se non direttamente. Sicuramente questo qualcosa influenza il mio giudizio.. Regia di Muccino per il quale non mi sono mai strappato i capelli dall’entusiasmo. In questo caso ha fatto un ottimo lavoro. Mi piace che riprenda spesso il protagonista dalla nuca per darci sempre la sua prospettiva, mi piace che sfuochi l’immagine quando deve e che non calchi la mano nei particolari più strazianti. Spesso rimane un po’ distante e fuori asse come per documentare ma non spiegare, per far vedere ma senza essere visti, per contemplare senza invadere. In “The Pursuit Of Happyness” m’era piaciuto per quanto fosse stato più diligente che bravo. Ho simpatia di un italiano che sfonda ad Hollywood. Un po’ come per Scalia al montaggio, la Lo Schiavo con Ferretti nelle scenografie e Morricone nelle colonne sonore. A proposito di quest’ultimo: sono rimasto davvero sorpreso nel constatare che una delle musiche principali di 7P sia il main theme del film “La Leggenda del Pianista Sull’Oceano” che dal punto di vista musicale è un capolavoro (per me la sua migliore OST con “C’era Una Volta In America” anche se ne ha composte dozzine di eccezionali).
L’attore principale è Will Smith che apprezzo da sempre. Provo per lui una naturale simpatia. E’ un attore interessante sin da quando faceva lo stupido di Bel-Air . Me lo ricordo in “6 Gradi di Separazione”, o nella fanta-catastrofo-americanata di “Independence Day”, i 2 MIB, in “Ali”, in “Hitch”, vabbè ne ha fatti un casino … però è sempre particolare, mai scontato e non è di quelli tutti impostati (bravissimi per carità) alla Actor’s Studio e il Metodo, per capirsi.
L’attrice principale è Rosario Dawson che oltre ad essere una ragazza bellissima (di quella bellezza che te lo fa rizzare, per capirsi) ..ha questo nome così … insomma era destinata a recitare e ad essere recitata anche se non in chiesa. Ha una parte veramente forte e mi sembra strano che non se la sia accalappiata qualcuna tipo la Cruz, la Roberts, la Theron o la Jolie.
Il film è particolare: c’è tanta tristezza ma anche tanta speranza. C’è una sciagura. C’è un uomo con la sua colpa infinita. Una donna picchiata dal convivente. Un cane cavallo vegetariano. Una villa sull’oceano. Un allenatore di una squadra di latino americani di hockey sul ghiaccio e in dialisi. Un fratello con gli occhi azzurri. Un cieco pianista. Un’assistente sociale riconoscente. Una stampatrice di biglietti d’auguri dal cuore debole. Una cubo medusa. Un bambino leucemico. Una vecchia che vuole dignità ma che ha scelto il silenzio. Un ingegnere di navi spaziali. Un esattore del fisco. Ci sono un sacco di bei momenti o perlomeno che mi hanno colpito con una certa perentorietà. O forse è solo che ero pieno. Alla fine però eravamo in due sul divano il mattino dopo e il ghiaccio era proprio sciolto. Ma non ho sporcato il divano.
Telefonata iniziale del film prima del titolo:
911 Emergency
I need an ambulance
I have you at 9212 Third Street in Los Angeles
Yes, room number 2
What’s the emergency?
There’s been a suicide
Who’s the victim?
I am

venerdì 19 giugno 2009

La leggenda del nodo d'amore

Discorrendo d’amore e dintorni.
Un paio di giorni fa ho partecipato ad una specie di banchetto serale alquanto speciale.
Speciale perché completamente all’aria aperta.
Speciale perché la tavola dei commensali era lunga centinaia di metri.
Speciale perché c’erano migliaia di persone.
Speciale perché consumato su un ponte, visconteo per giunta (well, una super cuoca che conosco avrebbe qualcosa da obbiettare maybe, probably and perhaps).
Speciale perché il piatto principe era il tortellino. Rigorosamente fatto a mano.
Il luogo è Borghetto di Valeggio sul Mincio. E’ un posto davvero incantevole. Molto romantico. A tal punto che c’è una bellissima leggenda che racconta di un amore bello e sfortunato che fa da contraltare alla ben più famosa vicenda di Giulietta e Romeo. Ora, prima di raccontare questa storia è bene sapere che c’è una disputa centenaria sulla paternità del tortellino. Qual'è stato l'Alpha Dog del tortellino? Quello di Valeggio? Quello di Bologna? Quello di Modena? O l'equiparato tortello mantovano? O quelli che avevano dei nonni canterini umbri, i cappelletti di Reggio Emilia? O quelli che gli è andata di culo. gli anolini di Parma? A me non me ne frega niente di questa querelle. Li mangerei tutti: dal primo arrivato all’ultimo. Perciò non entro nel merito … anche se ho una certa campanilistica preferenza per la pasta sottile dei tortellini di Valeggio. A dirla tutta, secondo me, che ho un palato fine come il mio girovita, sono prodotti piuttosto diversi, almeno per come li conosco io perciò …che avranno da questionare?Mah! Si insomma tutto questo solo per dipingere il contesto.
Valeggio vive di ristoranti: 40 più o meno per poco più di 13mila abitanti. A Verona non sei sposato se non hai fatto il pranzo nuziale a Valeggio e non hai fatto le foto al Parco Sigurtà … naturalmente a Valeggio. :D Non è vero ma, ripeto, è solo per sverniciare di brutto il background transazionale.
La storia d’amore dicevo.
La leggenda vuole che le acque del Mincio, il fiume del paese, fossero allietate dalla presenza di ninfe bellissime che danzavano in prossimità delle rive. A causa di un’antica maledizione però, queste povere criste furono costrette ad assumere le sembianze di orribile streghe. C'è una logicità in tutto questo che ha dell'inverosimile. Comunque fin qui potrebbe sembrare un video di Prince. In un periodo non ben definito ma, arguisco intorno al '300, un valoroso capitano con il suo esercito si accampò poco distante dalle signorine. Tutti stavano dormendo tranne il nostro che si destò di soprassalto e improvvisamente decise di affrontare, armato di tutta la sua virile e legnosa vigorosità, le terribili creature. Il suo nome era Malco. Ed è lui il Leonardo DiCaprio della situazione. Le misteriose arpie, spaventate da tanto selvaggio ardore, fuggirono dal maschio al tempo ahimè dominante. Tuttavia, la più leggiadra di queste, venne raggiunta mentre stava disperatamente tentando di fuggire. Ovvero era rimasta ferma come si usava all'epoca. Nella tipica amorevole colluttazione, che fa i due già protagonisti della storia d’amore, la brutta strega perse il mantello che sino a quel momento aveva celato la sua vera identità al prode capitano e si rivelò in tutta la sua incantevole e prorompente bellezza. Ovviamente i due scoparono. Forsennatamente. E più volte. Ma che ne sarà di loro al volgere del giorno? La dolce ninfa, che si chiamava Silvia, ma non è quella che rimembrava ancora quel tempo e che nemmeno soleva menare il giorno, doveva ritornare nelle profondità del fiume prima del sorgere del sole perché non poteva farsi vedere insieme agli uomini e non aveva il permesso di soggiorno. Mentre la mano sua abbandonava inerme l’amato Malco (che dopo aver copulato prenderà il nome di Marco il trapano, Strano di cognome, noto in tutta Italia – in Lombardia soprattutto - e che ora usa un cognome falso anagrammato)...dicevo … è risultato da subito chiaro che tra i due era nato l’amore, quello con la A maiuscola e che dura per sempre. E’ il climax della storia: dove è sempre meglio avere a portata di mano un durex. L’alba stava sorgendo e con lei la promessa tra i due di eterna fedeltà, delle rate del mutuo, della villetta con giardino, dello steccato bianco, della station wagon con le fiancate tinta legno e i seggiolini dei bambini fissati dietro (un maschio e una femmina ma è meglio la femmina prima che quando è più grande aiuta la mamma nei mestieri di casa) … Insomma un richiamo irresistibile: Silvia, l’infoiata, lasciò a Malco, lo svulvatore, quale pegno del suo amore, un fazzoletto teneramente annodato.
Più moscio del kleenex d'antan che teneva in mano, il prode guerriero sembrava destinato ad una vita di sofferenza e di massaggi personali. Invece, come in ogni leggenda degna di questo nome, accadde che durante una festa danzante, la sua Silvia, vincendo la sua ex virtuosa ritrosia, affrontò, come la più sensuale delle ballerine del Moulin Rouge e pronta a tutto, il mondo degli uomini. Malco, per tutto il tempo rimase a fissarla con lo sguardo tipico del noto pesce gatto del Mincio, innamorato perso e sepolto come uno smarties nel Müller. Tutto questo non sfuggì però a Isabella, una nobile dama che aspirava all’amore del capitano. E se proprio dobbiamo dirla tutta, aspirava anche il resto. Gelosa come può esserlo solo un'amata tradita, Isy denunciò la ninfa come strega alle autorità competenti. Anni dopo, come sapete (non c’entra nulla con la leggenda), Isy ispirerà la più nota cantante al mondo di Valeggio, italiana ma che fa Spagna di cognome, e che comporrà la famosissima canzone dance 'Isy Lady', vestendosi esattamente come il capitano Malco.
Torno alla storia. La bella Silvia venne arrestata ma il veemente Malco (si dopo due ore di danza della Silvia non ho difficoltà a crederlo veemente) pose se stesso a scudo dell’amata, proteggendola in modo tale che lei stavolta riuscì a fuggire (di solito queste eroine sono delle imbranate pazzesche a togliersi dei guai). Ovviamente si bruciò qualsiasi aspirazione di tipo carrieristico nell’esercito. Destinato ormai a ferrare, vita natural durante, il destriero di quella incapace della Luigia Pallavicini, una zoccola che pare cadesse sempre da cavallo, venne incarcerato.
Isy Lady andò a trovarlo in cella: era pentita come una sgualdrina che ha ceduto all’amica di bocca buona il primo Richard Gere alla guida di una Ferrari in Sunset Boulevard. Era tormentata dai sensi di colpa per il suo gesto e anche per aver dimenticato la spirale, e invocò il suo perdono quantunque un po’ di comprensione non guasterebbe. Ma in quel mentre riapparì Silvia, la pettoruta amante del Malco, che defenestrò immediatamente la basta-che-me-la-chiedi Isy che finirà col riprendersi solo nei primi anni Ottanta.
Purtroppo i due innamorati erano sprovvisti di veleno: è questo, secondo me, il punto chiave che non lì renderà famosi come i Montecchi Copulati.
Si resero conto che il loro amore non aveva scampo sulla Terra. Del resto Star Trek e il teletrasporto erano ancora di là da venire. Mentre Malco, nel frattempo, era già precocemente venuto di nuovo. Anyway, il loro destino era legato al fiume che li aveva fatti conoscere. Scapparono mentre gli inseguitori venivano trattenuti da Isy, la pentita, che chiese loro di portare rispetto e comprensione ad un amore senza limitazioni. La user-friendly Isy, ormai redenta nell’animo, capì che le sue argute motivazioni non venivano assolutamente prese in considerazioni e perciò trattenne gli inseguitori abbassando una spallina. A questo punto Silvia e Malco si tuffarono nelle acque del Mincio. E nessuno li vide mai più. Sulle rive del fiume fu trovato abbandonato un fazzoletto di seta dorata, simbolicamente annodato dai due amanti per ricordare il loro eterno amore.
Ora che cavolo c’entra il tortellino con questa storia?
Tuttora ricordano che le donne del tempo, nei giorni di festa, avessero voluto perpetuare la storia dei due innamorati, matterellando una pasta sottile sottile come la seta, tagliata e annodata come il fazzoletto d'oro e arricchendola di un delicato ripieno.
Fu così che nacque la leggenda del tortellino di Valeggio.

giovedì 18 giugno 2009

+icted 2 love

L’uomo, all’apparenza, sembra avere 50 anni. Portati decisamente male.
E’ probabile tuttavia che all’anagrafe ne risultino non più di 35. La donna dimostra la stessa età . 35 anni intendo. Vestiti come nessuno vorrebbe mai essere vestito. Sporchi di uno sporco antico. Sorridono entrambi avvicinando i denti tra loro. Almeno, con quello che di denti è rimasto loro in bocca. Sono accasciati per terra con la schiena appoggiata al muro fuori dalla porta del fornaio. Danno l’idea di due tovaglioli di stoffa abbandonati sullo schienale della sedia al ristorante dove aver finito di mangiare. Stropicciati e bisognosi di una lavatrice. Tutte le mattine il panettaro del Mulino bianco allunga loro delle ciabatte appena sfornate. I due hanno steso un vivace plaid che, anche lui, non vede un detersivo da quanto è stato creato. Quella coperta è però quanto serve per separarli da tutto ciò che il marciapiede accoglie. La via è completamente alberata. E rigogliosa. E verde lussureggiante. E leggermente danzante. E’ una delle mie strade preferite in estate perché da refrigerio solo a guardarla. La scena è alquanto suggestiva perché il sole penetra esattamente laddove loro hanno posato le loro terga. I due sono illuminati da questa luce gentile, tiepida e amabile come lo è solo al mattino quando il mattino è bello. Si stanno guardando in faccia e continuano a sorridere. Una signora cammina veloce e passa oltre stringendo più forte la borsetta a sé. Guarda tenendo gli occhi ad ore 17 con un misto di compassione e di disapprovazione che mi ricorda la mamma di Harry travestita da giudice dell’Unione Sovietica e che dà un bel 4 alla prestazione del figlio. E’ senz’altro l’unico luogo veramente caldo della via. E’ chiaro che sono messi male. Ed è insolito incontrarli perché i barboni, da qui, sono quasi spariti. Sono abbracciati. Si guardano negli occhi continuamente come se il non vedersi significasse non esistere. Io continuo a passeggiare rallentando il passo ma non riesco a togliere la mia innocente curiosità dal loro intimo accogliersi. Sembrano volersi bene. Lei sta lacrimando. Lui non lo vedo in faccia. Non è disperazione. Non credo sia felicità. Forse è una specie di serena tranquillità che emoziona tra una dose e l’altra. Non lo so proprio. Sono legati reciprocamente da un laccio emostatico ma voglio pensare, mentre passo oltre, che sia qualcosa di molto vicino all’amore.

mercoledì 17 giugno 2009

'Soga' da celtic

La cosa ha funzionato più o meno così.
Un triangolare con partite da 40 minuti, giocate a partire dalle ore 10.30 sotto un sole cocente. Un caldo afoso senza vento. Avevo i miraggi di solitari tumbleweed rotolanti in lontananza. In compenso il campo era proprio d’erba verde (non ci sono per niente abituato). Dopo tale pazzia che ci ha resi un po’ tutti vicini alla consistenza di un peperone rosso tagliato fine e scottato sulla padella antiaderente con un filo d’olio extravergine, dicevo, ci si è finalmente ritrovati a pasteggiare con ‘lo stracotto de caval’. Dunque e direi pure quantunque, io non ho mai voluto mangiare carne di cavallo. Una scelta, per certi versi insulsa come fare i fioretti dopo aver peccato, dettata semplicemente dal fatto che per me i cavalli sono degli animali troppo speciali. Non esiste mangiare il cavallo. Te majo te piuttosto! C’è una macelleria di carne equina fantastica (così dicono) a 2 passi da casa mia. Vengono addirittura da fuori provincia. Beh, se dipendesse da me sarebbe già fallita da un pezzo. Ma come ho già detto … è successo. Spero che Furia, il cavallo del West, nonché mio idolo di quando ero ancora un monello giustificabile, mi perdoni. Lui e il suo splendido manto nero perchè beve solo caffè mentre galoppa alla destra di Manitù nelle praterie sconfinate dei cieli. Ho mangiato la “pastisada de caval” che, è inutile negarlo, è semplicemente, incommensurabilmente, prodigiosamente e qualunquemente buona. Sono stato male per un po’ come avessi peccato: me l’avevano spacciato per uno stufato di carne bovina alla valpolicellese, cotto nell’amarone ecc. Sentivo che era diverso. Ma ero già alticcio, cotto come un osso de porco nel brodo di gallina senza l'ombra di un dado, incapace di connettere tutti i passaggi, … dai insomma la carne di cavallo è tanto diversa dal normale! Dove erano finite le mie papille gustative? Sotto la lingua? Era impossibile non rendersi conto della differenza. Ma non succederà più.
Mantecato in questo turbinio di emozioni, mentre l’esofago svolgeva la sua parte, era arrivato il momento dei giochi simil-celtici presentati da un gruppo di piloni in gonna scozzese. Squadrette da 4 con nomi del tipo Dis-ubbidienti, Tristi, ecc.. Naturalmente io in verde sotto l’egida dei Taffani (che si scrive con una ‘f’ sola ma … il veronese medio, è noto, sbaglia tutte le doppie e nell’incertezza ne mette alla cazzo anche dove non andrebbero) . Non c’è da andarne fieri. Ora, passi per il lancio del tronco, della corsa con i massi, del lancio della pietra, del far rotolare la botte piena per un percorso disseminato di gomme da trattore … ma è stato il tiro alla fune che mi ha segnato. Mi ha proprio segnato. E’ importante non legarsi alla corda se non debitamente protetti. Ma me ne sono ricordato solo in finale. Corpo di mille satanassi. Amen direbbe una bella bimba che conosco. Awen direbbe un altro dallo spirito celtico innato :D. ‘Aseno’ (e non cavallo) mi ha detto lei.

martedì 16 giugno 2009

Between the click of the light and the start of the dream

Stamattina riflettevo.
Mi sa che un giorno di 25 anni fa Dio si è alzato e aveva voglia di normalità.
Aveva questo bel pensiero in testa (o quello che è) e decise di condividerlo con qualcuno.

Perciò lo prese e lo lanciò verso la Terra.
In quel mentre passeggiava dinoccolato, occhio azzurro, ciuffo inarcato verso l’alto, pallido e vestito di nero un tipo in compagnia della sua band. Avevano il cognome inglese più banale del mondo. Quando i quattro furono colpiti in pieno, furono vorticotizzati dal minipimer dell’ispirazione e composero “Please Please Please Let Me Get What I Want”.
A proposito di cognomi banali. Ieri, in una partita di calcio, c’è stato il festival dei gol segnati da una banda di giocatori con il cognome italiano più diffuso. Lo stesso di un altro campione che ha vinto su un circuito di moto GP all’ultima curva. Lo stesso di un altro che fa sempre sold out ogni volta che fa un concerto. Non c’entra una mazza ma ho cinque minuti e scrivo quello che mi viene in mente.
Tornando a Dio. Quando uno dice le cose in maniera semplice ha sempre il mio apprezzamento.
Perché è un bel sistema per farsi capire. E mi viene spontaneo ascoltare con benevolenza.
E’ un buon momento per cambiare perché vedi, la fortuna che ho avuto può far diventare cattivo un buon uomo. Perciò per favore (3), permettimi (4) di avere ciò che voglio questa volta. Non ho avuto un sogno per tanto tempo perché vedi, la vita che ho avuto può far diventare cattivo un buon uomo. Perciò, per una volta nella vita, permettimi di avere ciò che voglio. Dio sa che sarebbe la prima volta (2)
Qualche tempo dopo Dio accese la radio.
E vide che era cosa buona e giusta.
E diede loro ciò che volevano.
(Il titolo del post è tratto da una canzone dei The Arcade Fire dal titolo No Cars Go)

venerdì 27 febbraio 2009

Eye am in London

L'ultima volta che ci sono stato non c'era. Sì beh ... in effetti è passato un pò di tempo. Così ho avvicinato la città timidamente, come si fa con i compagni di scuola che non si vedono da decenni. Ne ho cercato i contorni prima di assaporarne la sostanza. Me ne sono appropriato un pò furtivamente girandola anche di notte o al mattino presto, come un barbone affamato ed orgoglioso che segue incuriosito e titubante il profumo di un appetitoso panino farcito sul bancone di un kebabbaro ambulante.
L'occasione di un week end lungo lungo è arrivata dalla trasferta rugbystica finita ahimè con una sconfitta (prevedibile) ma senza anima (intollerabile).
E' stato tutto molto divertente. Disossante ma piacevole.
Giocato nell'alterata percezione del vivere sopra le righe ma sotto coperta.
Ho ricordi pieni di lucide dimenticanze e di scintillanti ombre.
Quando capitato sono come un risciò senza freni nel corridoio vip della Royal Opera House durante i British Academy Film Awards in mezzo ad un folto gruppo di attempate inglesi con le quali, mi dicono, abbia conversato per un sacco di tempo. Ho scoperto tutto dopo perchè fino a quel momento poteva trattarsi di un corteo per la liberalizzazione della cannabis. Poi è arrivata la sete sotto l'acqua. E come fanno talvolta gli amici che ti vogliono bene, sono stato abbandonato in balia del nulla.
Poi è arrivata Polly ...cioè no Kate Winslet.
E' stato un momento plus.
Nebuloso e offuscato ma positivo.
Il barluginio intermittente delle gocce di pioggia.
Le umide luci squarizzate.
La mia spotless mind.
Le sconosciute.
Lei che sale nell'Audi ma si gira quando qualcuno urla "Clementineeeeee!".
E' stato bello anche girare ciceronati da qualcuno che conosce bene la città perchè ci vive.
Così non ho rivisto una mazza di turistico (qualcosa sì) e mi sono ritrovato nel mezzo del melting pot.
Avevo bisogno di questo clima da gita di classe dove l'unico interesse è non avere interessi e lasciarsi andare al luogo in cui sei. Che questo significhi imbruttirsi di Guinness, urlare in uno stadio bellissimo, incontrare facce senza nome, piantare le tende in uno Starbucks al mattino presto affogandosi di muffin stracalorici (provati 7 e nessuno meno che squisito), ballare cubano e tramortirsi in una tequilosa piroetta, ascoltare voci senza capirne la provenienza, osservare il parco St. James che si anima al mattino piluccando briciole per scoiattoli grassi, camminare per Carnaby Street solo per infognarsi in un negozio di rugby-memorabilia per uscire frastornati e ripartire alla volta di Harrod's (concessione turistica) e poter dire "Sì ...ci sono stato... ecco le tue tazze".
Passeggiare per i mercatini di Portobello's road e chiedersi ... Uh ma non si poteva andare al National Museum ... Stringersi affamato in un pub tra un tot di gallesi mentre si guarda Scotland - Wales e rubare le patatine dal loro piatto perchè dalla cucina, quelle ordinate, arriveranno forse tra 1 ora ...
Comunque alla fine è stata una rilassante s-catena-nte evasione di gruppo.
Ed evadere è sì un pò fuggire ma anche un pò vedere.
Così si può osservare ciò che sembra vicino per scoprire quanto invece sia lontano e viceversa.
Fatto che trovo illuminante anche se in realtà non ci capisco molto.
Si doveva giocare una partita di rugby. Invece il campo non era di erba e fango ma di ghiaccio.
E allora si fa un pò di terzotempistica amicizia anche senza aver prima "rincorso" un pallone ovale.
Non è la stessa cosa ma è gratificante lo stesso.
Curiosamente .... anche prendere le persone che conosci ... le frequenti nella scenografia del palco in cui le incontri di solito ... il solo trasferirle come carri armati del Risiko dall'Europa Meridionale alla Settentrionale, è già di per sè un'evasione conoscitiva non indifferente. Non mi capitava da tempo così in massa.
Non è come andare in vacanza con un paio di amici.
Non è la stessa cosa ed è interessante lo stesso.
Così è sempre bello scrutare se stessi attraverso gli altri.
Sebbene poi loro, molto probabilmente, in questo specifico frangente londinese, si ricorderanno soprattutto del tuo nudo culone e della tua schiena arrossata e graffittata.
E' un "battesimo da trasferta interruptus", baby.
Il "peggiore" (:D) che possa capitare.
Ma anche l'unico mio che ricordo.

giovedì 26 febbraio 2009

no TIME on the horizon

Avrei voglia di scrivere un pò di cose che mi sono successe nell'ultimo mesetto ma ormai arrivo a casa la sera che sono già pronto per il lettuccio (:P) o al massimo al telecomando o, ma solo se prendo le vitamine, a clikkare su Fb.
Cmq sia, spendo 2 parole sull'ultimo degli U2.
Non è che avessi delle grandi aspettative dopo avere indossato i miei stivali. Così come non si è preteso (credo) da Michelangelo la "magnificenza" della Sistina Chapel in ogni sua opera successiva, di robettine belline belline ne ha fatte anche dopo ... Ecco, non cerco più da tempo in Bono Vox e Co. la corposa musicalità di "Achtung Baby" o l'epicità di "The Joshua Tree" (e l'ancor di più indimenticabile indimenticabilità di "The Unforgettable Fire" - giusto per ribadire il concetto). Forse anche le mie orecchie nel frattempo sono cambiate. Tuttavia gli irish non mi hanno mai deluso. I loro ultimi dischi non erano capolavori ma li ho apprezzati nel tempo. Forse accadrà così anche per questo che mi sembra meno delineato dei precedenti. Ci sono le ballatone uoooouooooo che vanno sempre bene nei concerti (Unknow Caller), alcuni pezzi molto molto buoni (Moment of Surrender) e altri meno. Non che abbia importanza ma ... gli U2 rimangono, al di là delle vecchie pietre, il più grande gruppo rock in attività. Non ce ne saranno altri di queste dimensioni.
Mai più.
Ennesima meta dell'Irlanda.

martedì 27 gennaio 2009

martedì 6 gennaio 2009

DM e l'esaltazione dell'Io

Sì, insomma alla fine è arrivato.
Il 2009, dico. Il 2008 non è stato un buon anno per molti. Quindi suppongo che, dopo la parola “arrivato”, ci potrebbe star bene un “finalmente” con sospiro incorporato. Già. Certo.
Tuttavia non sono in grado di valutare un anno in tutta la sua interezza così, su 2 piedi … Non saprei ... Ma ... Tutto sommato, in fondo in fondo, valutati i pro e i contro, non è successo nulla di veramente devastante per quanto mi riguarda. Ho avuto un paio d'anni, nella mia storia, veramente brutti. Perciò, fatte le debite proporzioni, il 2008 non lo posiziono tra i peggiori. Le 3 S sono rimaste in media con gli anni precedenti. Media peraltro non propriamente esaltante :D. Purtroppo sono certo che per qualcuno non sia stato così. Quindi capisco che lo stesso non vedesse l’ora di chiudere l’esercizio.
Beh, bene o male che sia andata, quando un anno finisce ne inizia subito un altro.
E’ come il quadernetto degli esercizi delle elementari. Finivo il primo. Un bel sorriso di soddisfazione o una moderata insofferenza. Però ne iniziava sempre e subito un altro. Ricordo che, almeno allo start, speravo sempre di riuscire a completarlo “correttamente” e nel migliore dei modi. Magari poi mi cadeva per terra e si sporcava, una folata di vento (o un momento di frustrazione) e si strappava una pagina, scoppiava la penna e toh! una “patacca grossa come una medalllia”…insomma. Di buone intenzioni è lastricata ecc. ecc. Solo per dire che, almeno alla partenza, serve la speranza. Anche dimessa. Anche se è una corsa alla quale ci hanno iscritto d'ufficio e senza firmare nulla. Poi ... se arriva subito una vangata in faccia… ma non vedo alternative.
Propositi non ho fatto.
For the very first time, ho tolto la foto del mito. Sostituita con un altro mito. Anzi miti. Una cosa temporanea eh. Fan dei Depeche Mode dal 1984. Gli Eurythmics di Annie Lennox c'hanno fatto una canzone ... (o era per Orwell ... mah!) :D. Li ascoltavo anche prima. Ma è nel 1984 che ho comprato un loro disco. Con i miei soldini miei. Conteneva la seminale “Blasphemous Rumours”.
Vivendo in una famiglia piuttosto movimentata, se c’era una cosa che non mancava era la musica. Minkia ce ne fosse stato uno di quei disadattati dei miei consaguinei che li ascoltasse. Giravano a palla Pink Floyd, Doors, Beatles, Stones, Straits, Bowie, Led, Genesis ecc.
Al tempo non era facile accedere alla musica come adesso. Lascio perdere la filippica su internet, mp3, ecc. Dico solo che se non avevi brothers & sisters con questa passione, ti rimanevano gli amici, la radio e qualche sporadica trasmissione musicale televisiva che, a dirla tutta, te le raccomando. Radio forever and ever ma … "video killed the radio star". Eppure con i video la musica è arrivata dove prima forse, non sarebbe arrivata. Forse.
Comunque tornando ai DM. Nonostante abbia una certa età, impazzisco ancora per loro (anche se in maniera diversa e più contenuta perché ...diamine "c’è gente che ti guarda"). Ho assistito ad un tot di concerti in questi anni, praticamente uno per ogni loro tour. Acquisto i loro album esattamente lo stesso giorno che arrivano in negozio. Lo faccio anche per pochi altri ma… loro sono stati i primi. Insostituibili. Lei li adora quanto me perciò almeno lì eheheh. Tra qualche mese uscirà il nuovo disco. Intanto hanno già adottato un logo. E l’ho adottato pure io.
Perchè a me mi :) sembra più AM che DM.
Dio Mio.