lunedì 17 maggio 2010

It happens ...

Succede che, di ritorno da una piacevole scampagnata cittadina, approfitti di un tardo pomeriggio inoltrato che è quasi sera con la casa completamente a mia disposizione e la possibilità di stare in braghette e canottiera gustandomi pop corn – birra – rugby alla tv. Stravaccato placidamente sul divano, pioggia di briciole, i piedi nudi sul tavolino di cristallo, …  so già che qualcuno trovando le impronte mi rimprovererà ma so anche che è lo stesso.
Succede che un amico ti suoni alla porta mentre stai guardando il secondo tempo in differita della semi finale del Super 10 di rugby e che, woof! woof!, ti alzi dal sofà, apri il cancelletto e scendi all’entrata. Ehi ciao come va, dai entra, no resto fuori vedi che sono in bici e tanto devo andare volevo solo salutarti come stai, va tutto bene comunque ho le birre fresche dai sali, no no guarda come l’avessi bevuta dai ci vediamo martedì con le femmine ok, ok, ciao, ciao.
Succede che risalgo le scale. 
Succede che ricordo di aver aperto con la chiave.
Succede che avverti la sensazione di qualcosa di sbagliato come una spada di Damocle immaginaria che volteggia pericolosa dietro la nuca.
Succede che, solo in quel preciso istante, ricordi di averle lasciate all’interno, sulla toppa.
Succede che il vento chiude quello che è rimasto aperto.
Succede che, le finestre, aperte non sono. Ad esclusione di quella là. A qualche metro di altezza, a due piani di distanza da terra. Nessuna scala telescopica ci arriverà mai. E anche salire dal terrazzo, nonostante l’acrobatica prodezza non mi sia nuova, beh non servirebbe a nulla perché è tutto chiuso.
Succede che busso alla signora di sotto. Sì grazie mi fai telefonare, si certo, grazie. Sì sono qui fuori in canottiera e crocs, senza alcuna possibilità di entrare, sì si hai capito sono chiuso fuori non lo so se con le tue chiavi si riesce ad entrare perché non ho mai provato ad aprire con le chiavi nella serratura dall’altra parte. Il resto della telefonata non è riportabile.
Succede che, dopo venti minuti, arriva lei e le sue chiavi e non si apre un cazzo.
Succede che lei decide di chiamare i pompieri.
Succede che dopo mezzora arrivano 6 aitanti pompieri, capo muta compreso. Salgono le scale e, usando non so che cosa, nel giro di un paio di minuti aprono la porta e mi guardano come fossi un homo diversamente sapiens. Forse per la macchia sulla canottiera. Prendono i dati …mi arriverà da pagare per l’intervento ma nulla potrà rimborsare quello che ho perso in autostima. Una donna che vive con me mi guarda come fossi uno di passaggio. Uno di quelli che raccogli per pietà e che nutri per carità cristiana. Uno che è lì solo perché ti paga l’affitto della stanza in più. Così non dico nulla e senza alzare la testa vado a farmi una doccia.
Succede che poi la donna di prima mi porta un the verde caldo con 6 bucaneve. Un po’ mi sorride e un po’ mi compatisce. Però alla fine dice che è stata una bella cosa. Era da un po’ che non vedeva tanti bei maschietti in un sol colpo.
Succede che quando rinascerò, nel caso in cui tutti i posti da idraulico siano già tutti occupati, farò domanda per fare il pompiere. O la chiave nella toppa.   

1 commento:

Billie MacGowan ha detto...

io amo grisù, muggsie!

bella occupazione la chiave nella toppa :P come direbbe ghe: 8===D