lunedì 9 giugno 2008

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Le giornate ispirate sono come una tazza di cioccolata calda alle 5 del pomeriggio di una fredda giornata di fine gennaio. Paesino di montagna, seduto in un locale tutto rivestito di legno che odora piacevolmente di chiuso, il ghiaccio che si appuntisce sulle gronde delle case, il sole che soffre dell’insensatezza del suo pallore, la spontanea necessità di accartocciarsi dentro al pastrano e di giocare con il vapore che esce dalla bocca.
Una faccia con 2 occhi assonnati che fingono di vedere ma sono avvolti nel domopack del nulla: intravedi le sfumature dello spazio attorno a te e nulla più … l’ampiezza, la prospettiva, la distanza … concetti che sprofondano nella piatta visione del tuo “in-front-of-me”.
Mah, non capisco quando si dice che uno presta attenzione perchè coglie le sfumature .. ;-).
Riprendo in mano le redini del presente mentre arrivano le tazze di cioccolata con i bordi molto spessi. Infilo il cucchiaino al centro e per qualche istante lo osservo mentre piano piano, dolcemente, si piega da una parte e raggiunge il bordo. Densa come budino liquido. Mi guardo attorno mentre gli altri la stanno già assaporando. Qualcuno ci scaglia dentro delle mandorle, altri ci tuffano dentro dei mini-amaretti, altri si specchiano ad occhi chiusi sul laghetto di un brulè rovesciato sul tavolone che smella di chiodi di garofano. Io aspetto un po’ anche se non sono bravo ad aspettare. Lascio che lo sguardo prima vacuo e ora leggermente più a fuoco contempli da sopra quella perfetta macchia scura circondata dal ceramicoso anello bianco della chicchera. Sorseggio la cioccolata senza scottarmi, sorrido perché la sento bella intensa e senza grumi, mi compiaccio di non aver messo niente, neanche lo zucchero, per assaporarla al meglio. E’ l’ultimo momento ispirato che ricordo di una giornata creata apposta per essere indossata come una muta da sub prima di immergersi nel mare del quotidiano.
Prima che … “Eh vecio, che-tà-cagà! Varda che l’è mia quela ciocolata lì!! Ah che ti te ordinà el strudel!” il vicino di spalla mi apostrofi risvegliandosi dal torpore acqueo dei fumi del mio defunto brulè che ha scurito il nostro tavolo di legno grezzo.

Sarà che l’umidità di questi giorni tira fuori l’inside. Sarà che non bevo cioccolata spesso. Sarà che sabato avevo sempre in mano una birra fresca: fuori tutto obscured by clouds mentre dentro un sacco di “bella” gente dalla faccia rubiconda stava bevendo con grassa sobrietà. Sarà che invece io l’alcool un pochino lo sentivo, sarà che mentre mi parlavano vedevo il muoversi delle labbra ma non stavo veramente ascoltando.
Non saprei dire esattamente. Era come se stessi registrando (quel lumino rosso negli occhi … che fosse il led del REC?) : aspettavo che le loro parole smettessero di suonare per un istante, il tempo di fare rewind e di re-interpretare il sentito rendendolo commestibile a me stesso. Forse questa cosa la faccio inconsapevolmente sempre o forse la stavo facendo solo in quel momento.
Comunque sono riuscito a sostenere la discussione, per quanto animata, meglio di quanto stessero facendo in quel momento i vari Louw-Griffen-Kingi in campo. Vabbè alla fine Calvisano se l’è meritata tutta la vittoria anche se un po’ della mia venetitudine gridava sottovuoto ai verdibianchi di darsi da fare. La partita è finita come è giusto che finisse l’italico S10 per quanto mostrato durante l’anno.
Nel frattempo, dall’altra parte del locale, stavo registrando uno che imitava Goosen (ps: mi hai deluso … avevi giocato così bene!) che imitava Totti, … rewind … re-interpretazione … “’Fanculo” come gli è venuto in mente di dirlo in italiano?Why not Afrikaans? ... Cmq non è stata male come partita di rugby italiano. Però non la userei come spot del rugby. La cosa che mi è piaciuta di più è stata la grafica della presentazione delle squadre: xlo- è ciò che ricordo più nitidamente. Mancava solo la musichetta di Beverly Hills 90210 e sarebbe stata perfetta. Poi è stato piacevole tirare abbastanza tardi a sproloquiare su Pacific Nations Cup, Junior World Championship, U20 e di donne in generale.

Penso che sia una bella cosa ricordarsi e riconoscere i momenti in cui ci si è sentiti ispirati. Non sono frequenti e sono spesso preziosi, da apprezzare, anche se si ha la scorza dura e troppi lipidi attorno al cuore e al cervello. Non è nemmeno necessario che portino a qualcosa di concreto. L’importante è saperli identificare come in una sorta di cherry-picking mentale. Questa specie di brividi neurotici ma piacevoli che ti fanno avvertire in maniera tangibile e crudele la sensazione di poter superare te stesso (o almeno di esserlo), di poter fare qualcosa di insolito (ma che ti appartiene), di posizionarsi fuori dal normale (se il normale esiste…).
Credo che sia un po’ come raggiungere il punto G del cervello
(dico credo perché in effetti ne so poco sull’argomento).
Quello che Big Dave, le Lugus’ & me chiamavamo “Inspiration Point” dove everything is illuminated.
Un posto che magari può anche avere un indirizzo dentro ognuno di noi ma per il quale è difficile prevedere un quando.

3 commenti:

robbby ha detto...

non puoi capire quanto sono d'accordo con te.... "invece di seguire un'impossibile felicità forse è meglio prepararsi qualche piacevole ricordo per il futuro"...non so quanto questa frase c'entri col tuo post ma me l'ha fatta venire in mente...:)

djlara ha detto...

Mmmmh.. le giornate ispirate sono come una tazza di cioccolato. Non ti starai mica conlechiacchierizzando? :)
Tutto è illuminato, anche se qualcuno ogni tanto cerca di metterci sopra dei paralumi.

Max_am ha detto...

@Robbby:
:) Non ci provo nemmeno a capirvi da tempo ... specialmente quando siete già sposate eheheh :P
@Lara:
uh ma io sono più crostino da brodetto :D